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e di quella dei Romani. Ci faceva piangere con la storia di Giuseppe, ci infervorava con Muzio Scevola e Cincinnato. Non mi ricordo che egli fosse caldo per i Re e gli Imperatori; ma ci presentava Bruto I e Bruto II come veri eroi. Credeva che Romolo, invece di essere assunto in cielo durante la bufera, fosse stato portato via a pezzetti sotto le toghe dei Senatori.
Era Don Pasquale rettore della Chiesa di Santa Maria dell’Orto alla quale mi conduceva per servir messa; ed io ve ne ho servite fino a sei in una sola mattina. Alle ultime messe ero stizzito e, nel momento dell’elevazione, alzava molto la pianeta e la sottana, cosicchè, mentre scampanellava si vedeva il prete in mutande. Il prete, poi, io avea già punito, versandogli poco vino nel calice, ritirando l’ampolla mentre egli, malcontento, lo scuoteva.
Uno dei piaceri a Santa Maria dell’Orto era l’altalena con le corde delle campane, nel campanile, che spesso finiva tra gli scapaccioni per l’inopportuno scampanìo.
La chiesa di Santa Maria dell’Orto è del sedicesimo secolo, tutta marmi, pitture ed oro. Pittura degli Zuccari: Fuga in Egitto con paesaggio orientale che a me piaceva molto, un asino (fatto bene), la Vergine Maria, il povero San Giuseppe ed il Bambino. Mi facevano un brutto senso gli angeli di stucco sulle arcate.
Uno dei miei piaceri era quando Don Pasquale mi conduceva, in ottobre, alla caccia delle lodole. Si andava, con la nostra carrozza, nelle tenute di famiglia in Campagna Romana. L’eroe era mio fratello Antonio, che portava due fucili ultimo modello ed un servitore a sé per caricarli. Di questo Don Pasquale era un poco geloso, quantunque avesse me per servitore e cane. Ma io ero bracco che avea odorato per altra caccia. Mi mettevo a guardare i bei punti di vista, non dava i tratti al mazzolo per far aprire le ali alla civetta, non vedevo il punto dove l’animale andava a cadere. Ricordo che rimanevo incantato a guardar i monti che si disegnavano sotto il cielo puro di una bella mattina di autunno. Il mistero dei piani che vanno a coprire le falde dei monti, la gioia che traspariva nelle forme