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sangue italiano; e che il valoroso colonnello eseguiva un ordine.

Voltosi, poi, al Camozzi, che pallido gli stava dinanzi, vigorosamente protestò che non intendeva riconoscer l’ordine di arresto che egli qualificava illegale, avendo egli agito fuori del territorio del Regno; e perchè, non appena oltrepassati i confini di questo, aveva fatto deporre le armi ai suoi volontari.

Anche Crispi aggiunse una sua vana protesta.

E Garibaldi sempre ricusando di muoversi di sua propria volontà, dichiarando che avrebbe ceduto solo alla violenza, venne preso su di una sedia da quattro Carabinieri e, separato da noi, messo in altra carrozza prigioniero.

Crispi dettò una specie di verbale di quanto era accaduto, che noi tutti firmammo. Pochi giorni dopo questo documento veniva pubblicato nel giornale «La Riforma».


Così ebbe termine l’insurrezione e la campagna che Italiani aveano impresa per restituire all’Italia la sua Roma. Misera fine di un luminoso sogno. Non vani, però, i sacrifici ed il sangue.

Se nel ’49 il fior della gioventù italiana, venuta da ogni parte della penisola, a combattere e morire alle mura di Roma, avea sacrata l’unità d’Italia; il sangue versato nel’67 a Roma, a Villa Glori, a Monterotondo, a Mentana ineluttabilmente consacrava l’Eterna Città Capitale della risorta Italia.

«Il gran problema è risoluto!...» furono l’estreme parole di Enrico Cairoli morente sotto il mandorlo di Villa Glori. Senza questo sangue, nel 1870, coloro che reggevano allora i destini d’Italia avrebbero mandato l’Esercito, invece che a liberar Roma, a difender la Francia di Napoleone III.