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— Ai ònfini!... Ai ònfini!...
Pareva si fosser passati la parola per la fuga bestiale, ignominiosa!...
In quel momento io ero accanto a Garibaldi sull’alto presso i pagliai. Udii dire da lui:
— Vigliacchi!... Gli ho visti scappare a Bezzecca.... ma non come qui!...
E, poi, voltosi ai più vicini tra i fuggenti:
— Vil pecoreccio!... Mettetevi a sedere e vincerete!...
Ma non tutti scapparono.
Se a Mentana i più furono vili e si dettero alla fuga, i rimasti furono eroici. Tanto ostinati furono nella resistenza che, ad un certo momento della giornata, il comando nemico a Mentana chiamò rinforzi da Roma.
Poche centinaia a Mentana combatterono per migliaia. Se solo la metà dei Garibaldini del ’67 avessero avuto il core dei combattenti di Roma nel ’49, avremmo, in quella giornata, visto le spalle dei Francesi come le vedemmo il 30 aprile!
Gli onori della giornata spettano ai Livornesi di Carlo Meyer. Primi ad aprire il fuoco, furono essi a sparar gli ultimi colpi quando già annottava; ma dopo aver lasciato sul terreno parecchi morti ed esser quasi tutti feriti. Lo stesso Meyer cadde con una gamba spezzata, che solo la sua ostinatezza gli fece salva dall’amputazione da Bertani giudicata inevitabile.
L’abbandono di Mentana, per parte di Garibaldi e dei rimasti, fu ritirata non fuga. E ritirata nemmeno precipitosa. Io stesso potei recuperare la maestosa mia carrozza. Ed, a tutto mio agio, partito Garibaldi, io pure me ne andai, avendo meco Domenico Narratone. E me ne andai con tanta poca fretta che ci fermammo a dar l’ultimo saluto alla salma del conte Bolis, bellissimo giovine piemontese caduto combattendo, che si stava trasportando nella chiesuola che trovasi subito fuor di Mentana al principio della strada per Monterotondo. Prima di giungere a questo paese uno scarto dei cavalli fece ribaltare la nostra