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— Un sol colpo di fucile!... Essi domandavano.

Garibaldi, dopo aver preso Monte Rotondo, si era spinto col grosso della sua gente fino a Castel Giubbileo; e le sue pattuglie erano giunte fino a Casal dei Pazzi.

Bisognava decidersi all’azione o rinunciarvi definitivamente, anche per la stagione che avrebbe fatto meno agevole ai Garibaldini, privi di ogni equipaggiamento, di tener la campagna.

Così decidemmo di agire. E stabilimmo il piano di quanto dovea farsi. Dovevamo cominciar l’azione il 22 Ottobre al tocco di notte. Si dovea, anzitutto, piombar Roma nell’oscurità tagliando le tubazioni del gas; la Caserma Serristori, che Giuseppe Monti scalpellino avea minato, dovea saltare ad un dato segnale; dovea da un forte risoluto nucleo essere assaltato lo Spedale Militare per impadronirsi delle armi che vi erano in deposito e distribuirle agli insorti. Giuseppe Guerzoni con quattrocento uomini dovea andare a prendere a Villa Matteini fuori Porta San Paolo i fucili, che conteneva, ed armare i nostri che li doveano attendere nascosti nelle vicinanze del Foro Romano. E questi con altri, ch’io avrei condotto dalla parte di Piazza Aracoeli, doveano occupare il Campidoglio, ordinariamente presidiato da una guardia di pochi uomini; fortificarvisi e suonare a stormo il campanone. I Cairoli, scendendo per il Tevere a Ripetta, doveano, in un secondo tempo, introdurre altre armi e con gente risoluta, che quivi li doveva attendere, avrebbero dato l’assalto al Ministero della Guerra.

Garibaldi, allora, sarebbe entrato in Roma. E l’Esercito del Re gli avrebbe potuto tener dietro. Francia ed Europa avrebbero dovuto subire la necessità delle cose ed accettare il fatto compiuto.


Questo piano era molto audace. Ma solo perchè difettavano la armi.

D’altra parte da Firenze il «Centro di Emigrazione» calorosamente ci domandava di agire, assicurandoci Rattazzi non ostile e che tale sarebbe rimasto fino al momento in cui avesse