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settanta che ebbe, poco dopo, tanto tragica ed eroica fine a Villa Glori.

Quel giorno stesso, come vedremo, io era ad aspettarli con miei uomini nei pressi di Ripetta.

Mi è caro ricordare come, nei nostri intenti, noi fossimo favoriti ed aiutati da amici inglesi. Giuseppe Severn, Console Britannico a quei giorni in Roma, artista e banchiere, il quale, moltissimi anni prima, avea assistito Kèats nella sua mortale malattia ed al giovane poeta avea data degna sepoltura presso la piramide di Caio Cestio, ci favoriva quanto glie lo concedeva la delicatezza della sua posizione ufficiale. Più attivo e men cauto era nello aiutarci Odo Russell, allora addetto al Consolato; il quale giungeva fino a prestarsi a lasciar che facessimo spedire al suo nome alcune casse di armi.


La miglior provvista di armi che ci fosse avviata furono un migliaio, circa, di fucili, che da Follonica, a mezzo di piccoli velieri, ci avea per Fiumicino ed il Tevere spedito il capitano garibaldino Nicola Guerrazzi. È, questo ancora, una prova come l’aiuto di Rattazzi fosse più di parole che di fatti. Io credo a cagion di tradimento nel nostro campo, che più volte avea in quelle settimane prima di Mentana misteriosamente fatto fallire talune più importanti nostre imprese, la massima parte dei fucili, per opera degli uomini dei battelli, che si dissero presi da panico, andarono a finire in fondo al Tevere.

Solo una piccola tartana viareggina, condotta da uomini più coraggiosi e fedeli, col carico di 180 fucili avea dato fondo presso la Basilica di San Paolo. In una buia notte io andai, con amici sicuri, a sbarcar le casse dei fucili che riuscimmo a mettere al sicuro in una cava lungo la Via Appia nei pressi della Porta San Sebastiano. Fino a questo tutto andò bene. Quando, però, al ritorno camminavamo verso la Porta per rientrare in città, ci accorgemmo che le strade erano sbarrate. Manifestamente, ancora una volta, avea operato contro di noi la misteriosa forza che più volte in quelle settimane ci aveva