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Ciò malgrado riuscirono, costoro, a farsi creder una gran forza, a farsi credere vivi e potenti.

Gran loro facitore era un avvocato, certo A. D. D., persona astuta, duttile e ficchina; il quale, essendo consulente legale dell’Ambasciata di Francia, aveva cominciato col tentar di ingraziarsi anche noi del C. d’Insurrezione, impegnandosi a facilitarci per i passaporti dei nostri, la corrispondenza clandestina ed in ogni altra occorrenza della cospirazione. Con l’esserci tanto, troppo servizievole, l’astuto curiale si ingegnava a ficcar il naso nelle cose nostre per farne, beninteso, suo prò e degli amici suoi del Comitato Nazionale Romano.


Così questo che, bisogna dire, aveva nelle sue file importanti personalità, riprese posto alla predica e, quando si trattò di riunir tutte le forze per venir allo scopo, che si credeva comune, di produr cioè che Roma insorgesse, il Comitato Nazionale Romano non potè essere escluso. Col Centro di Insurrezione, col Comitato d’Azione, esso concorse a formare la «Giunta Nazionale Romana» che dovea, appunto, preparar la insurrezione. A tale unione vivamente io mi opposi assieme agli amici miei. Ma dovemmo chinare la testa. Garibaldi volle questa unione di tutte le forze dei Partiti Nazionali. Francesco Cucchi, bergamasco, colonnello garibaldino e deputato, vero eroe, uomo estremamente audace, era venuto clandestinamente in Roma, dove sorridente arrischiava la sua vita, mandato da Garibaldi a mettersi alla testa del moto insurrezionale. Egli impose questa unione, che al moto stesso doveva essere funesta.


La «Giunta Nazionale Romana», che si era formata agli ultimi del luglio, entrò subito in azione. Capo ne fu Francesco Cucchi. Membri attivi della stessa furono con me, Nino Costa, Giuseppe Guerzoni, Giulio Silvestri, Anziglioni, Giuseppe Rossi, Perfetti, Giulio Aiani, Giuseppe Piatti. Ci riunivamo, il più frequente, in una stanza sopra la libreria Spithöver