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Per provare i procedimenti tecnici da me, allora, preferiti, Richmond volle, nel mio studio, farmi un ritratto, nel quale misi spesso fe mani anche io e che tuttora conservo, ricordo carissimo dell’eccellente amico e della nostra vita fraterna di quei lontani giorni.


(A completare il quadro della vita di mio padre in quei mesi che precedettero i tentativi di insurrezione di Roma, Villa Glori e Mentana, nulla mi sembra più utile come tradurre quanto lo stesso Sir William B. Richmond scriveva ad Olivia Rossetti Agresti e ch’essa inseriva nel suo volume inglese intorno a mio padre. G. G. C.)


«Incontrai Giovanni Costa a Roma nell’inverno 1866. Il nostro incontro avvenne nel Caffè Greco una sera. Era inverno; Roma era piena di visitatori. Mr. Gladstone, il Duca di Argyll, con la sua famiglia, Lord Cardwell ed altri membri del Governo che era stato recentemente battuto sulla legge della riforma, erano visitatori; e la società era, ad un tempo, brillante ed intellettuale. W. G. Carterwright ed Odo Russel erano dappertutto in prima linea e Leighton a questi si aggiungeva in mezzo ad una deliziosa società.

«Ero stato a mangiare alla «Lepre» e, dopo pranzo, andai al «Greco» per un caffè e per farvi una partita a domino. Gibson era già morto, ma il vecchio ritrovo di bohémiens era tuttora pieno di artisti, i quali se non erano degli eleganti zerbinotti, erano semplici ed eccellenti diavoli, i quali sapevano tante curiose storie ed eran pieni di bonomia; e Leighton, col suo ben noto attaccamento alle vecchie abitudini, quando non aveva impegni altrove era fedele agli antichi ritrovi.

«Egli entrò nel caffè con un romano alto e bruno dagli occhi vivi e lucenti, il naso grande a gancio, i capelli neri ricciuti; questi subito mi colpì come la presenza di una notevole personalità. Con quella prontezza e cordialità tutte sue,