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Arte Italiana, in grazia del plebiscito dei massimi esponenti dell’Arte Britannica che alla Galleria lo donavano.

Così, quei generosi amici, compartivano a me italiano, un privilegiato onore che alcuno degli artisti del lor grande paese avea mai ottenuto.

XXXIV.

WILLIAM BLAKE RICHMOND.


Andato a Roma alla metà del 1864, come vedemmo, per compiervi la inchiesta su l’attività svolta dal Comitato Nazionale Romano e di provvedere al suo riordinamento — e ciò per incarico del capo Giuseppe Checchetelli — vi avevo dovuto fare lunga dimora. Anzi, pur conservando a Firenze il mio principal domicilio, la maggior parte del mio tempo in quegli anni, dalla seconda metà del 1864 alla battaglia di Mentana, io trascorsi in Roma. Questa mia permanenza nella città nativa era intramezzata da frequenti viaggi e dimore in Firenze, per le necessità dei contatti e delle intese; poichè gli amici emigrati ed io, assieme agli elementi sinceri e decisi rimasti a Roma, assai diffidavamo dei moderati che più o meno preponderavano nel movimento nazionale, cui faceano da spegnitoio. Occorreva fronteggiare tale funesta corrente di uomini di dubbia fede. Questa la ragione del mio rimanere, anche durante la guerra del ’66, in Roma, dove io avevo finito per assumere la qualità di rappresentante della emigrazione romana, che anelava il ritorno nella città nativa. La nostra sfiducia, purtroppo, verso certe persone non era affatto irragionevole. Ed il momento di agire si presentava assai vicino.

Ma io mi assentava, non poche volte, anche per evitar che l’attenzione della Polizia Papalina si fermasse sopra di me e