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XXX.
CON GIORGIO MASON A WETLEY ABBEY.
Avevo ripetutamente promesso all’amico Leighton, che avea fatto nell’inverno una breve apparizione a Firenze, di tornare a Londra per più lunga dimora di quella che io vi avea fatta nel rigore e nelle nebbie degli ultimi mesi del 1862. Ed era, questo, pure nei miei propositi, poichè molto desideravo di venire in contatto col mondo artistico inglese, come avevo ottenuto di fare con quello francese, a Parigi, ritraendone tanta soddisfazione.
Ma, ritornato a Firenze, vi avevo ripreso di gran lena a dipingere; e mi disponevo, anzi, ad andarmene a Bocca d’Arno a farvi una delle mie tanto gradite e lunghe campagne di studi dal vero in quel meraviglioso paesaggio, sì ricco di interessantissimi motivi, che mi stavano sempre davanti come altrettanti soggetti di quadri.
Non avrei creduto, quindi, che mi sarei deciso a riprendere in quell’anno la via dell’Inghilterra. E tanto più che anche la situazione delle cose politiche, oltre che la mia febbre di produzione artistica, mi persuadevano a non allontanarmi dall’Italia, ove la mia azione, la mia conoscenza di uomini e di cose di Roma, poteva da un momento all’altro essere necessaria.
Perchè la Quistione Romana era tornata sul tappeto dal giorno in cui Garibaldi ed i Mille aveano salpato da Quarto per la Sicilia. Tutti sanno come fosse fermo proposito del Generale di risalire dal Mezzogiorno alla liberazione di Roma. A questo scopo avea sbarcato, con Zambianchi e Giuseppe Guerzoni, una colonna dei suoi a Talamone ed avea fatto preparar