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che mi veniva segnalato come modellatore dell’opera che avea suscitato così grande ammirazione. Avea nome Bastianini ed era di Fiesole. Volli rintracciarlo e vi riuscii. Lo interrogai eccitandolo ad essermi sincero. Egli mi rispose:
— Sì, il busto del Savonarola l’ho fatto io; son molto dispiacente se ne ha avuto danno.
— Son dispiacente io per lei, — io replicai, — che, avendo tanto talento e capacità l’adopra a compier delle falsificazioni.
Bastianini, allora, con tristezza mi disse:
— Viviamo in epoca assai ingrata; i tempi son duri per chi ha da vivere del proprio lavoro....
E, quindi, egli non mi tacque alcuna circostanza relativa al busto di cui ero da anni comproprietario.
Mi disse che, di modello per questo, egli s’era servito di un tal ciabattino, che stava per portinaio alla Fabbrica dei Tabacchi; e che il busto era stato cotto in un forno della Fabbrica di Ceramica del Cantagalli. E mi mise al giorno di altre circostanze che lo aveano condotto a diventar falsificatore di arte antica.
Venuto in chiaro, così, in modo indubbio, circa l’autenticità di questo ormai famoso busto, volli che tutto fosse noto al pubblico che se ne era interessato. Perciò dichiarai su i giornali che quella che era stata creduta opera pregiata del 400 si era conosciuto essere, invece, lavoro di Bastianini di Fiesole.
Il quale era un eccellente artista costretto a lavorare ignoto da uno dei trafficanti di arte antica di Firenze che ne sfruttava la capacità; e facevo sapere, anche, di conoscere personalmente l’autore del Savonarola e di altri consimili lavori. Questo non fu gradito ai trafficanti; e molta sospettosa sfiducia generò nel commercio degli antiquari.
Il busto venne, in seguito, depositato da Banti e da me nel Museo di San Marco, a Firenze, come opera del Bastianini. E quivi rimase fino al 1883. Nel qual anno il Direttore ed il Comitato dei Musei Fiorentini ci fecero sapere che non era nelle