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legna a Porto d’Anzio» (questo il titolo col quale io presentai l’opera mia) venne ammesso senza contrasto da una commissione di giudici non corrivi. Più ancora, esposto venne subito molto favorevolmente giudicato dai maggiori artisti francesi, fra i quali ricordo con molto compiacimento Corot, Troyon, Gleyre, Décamps, Ricard, Hébert. I quali se lodarono l’opera furono, altresì, larghi delle più cordiali e fratellevoli accoglienze all’artista. Veramente, grazie a questi grandi pittori, io non mi accorsi che ero a Parigi uno straniero. Il ricordar ora, che sono da allora trascorsi più che trent’anni, l’amicizia che da quelli mi venne con tanta pronta spontaneità concessa, tuttor mi commuove; e mi è grato qui menzionarla, perchè se con quelle accoglienze gli eminenti artisti onoravano me, non meno essi col mostrarsi sì generosi facevano onore a se stessi.

Io non mi accontentai solo di espor l’arte mia al giudizio del pubblico nella mostra officiale del «Salon»; ma volli esporla, pure, tra le opere degli artisti di avanguardia. Ai «Salon des Refusès» esposi, perciò, un caratteristico mio «Studio di alberi di olivo» che ebbe la fortuna di trovarsi appeso tra la «Fanciulla in bianco» di Whistler ed un dipinto di Gleyre.

Anche questa mia tela assai piacque e trovò subito compratore. E più d’uno ne avrebbe avuto anche il maggior quadro delle «Donne», qualora io avessi consentito a separarmene.


Questo favore che l’arte mia e la mia persona aveano incontrato nel maggior centro artistico che a quell’epoca avesse il mondo, mi fecero ardito a mostrare la raccolta, che avevo portato meco, dei miei studi dal vero della Campagna Romana e della costa del mar di Toscana — studi che io ho sempre tenuto come il mio maggior tesoro — agli artisti eminenti ch’io dovea considerare, ormai, per miei eccellenti amici.

Questi conoscevano l’Arte Italiana per quello che ne aveano veduto nella Sezione Italiana della Esposizione Internazionale del 1855; e rimasero, perciò, assai sorpresi come da una inattesa rivelazione che in Italia si facesse un’arte da quella che