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mondo. Di una gran bellezza vi crescono i pini ombrelliferi. Federigo Leighton fece a San Rossore gli studi dei pini che figurano nel suo quadro «Daphnephoria».

Al Gombo, però, non potei stare che per qualche mese. Perchè, in seguito, passata la tenuta granducale di San Rossore a Vittorio Emanuele, questi, innamoratosi, del bel luogo ne volle allontanato il pubblico e vi innalzò un comodo ed elegante chalet per la sua Rosina.

I Pisani ebbero in seguito i lor bagni marini a Bocca d’Arno, che venne detta Marina di Pisa. Prima ancora, però, che quivi si costruisse una sola casa, io andai ad abitarvi ed a dipingervi, come anni innanzi a Tor Paterna ottenendo l’ospitalità dei militi della finanza in quel fortino.

Nella mia prima dimora al Gombo non affrontai subito le superbe Apuane, che, durante trent’anni e più, mi fornirono il fondo per tanti e tutti fortunati miei quadri. Dipinsi, però, il bozzetto del grande mio quadro «Fiume morto», nel quale figura un tratto di questo gran fosso, che si getta in mare a circa tre miglia dalla foce d’Arno e che, per il basso livello della pianura, scorre fra pini e lecci con tanta lentezza da sembrar, la sua, acqua morta. Fra mezzo agli alberi forma il fondo di questo quadro, violaceo il Monte Pisano. A questo quadro io ho, ad intervalli, lavorato fino a questi ultimi tempi, ingegnandomi di renderlo sempre più espressivo della malinconica e pur tanto bella desolazione del paesaggio che lo ha inspirato.


Come ho detto io credevo di dovermene rimanere a Firenze solo per una settimana e divenne, invece, centro della mia vita per più che dieci anni. Molte cause su questo influirono. È certo, però, che più di altra cosa mi legò, da principio, a Firenze il movimento artistico che vi trovai. Era un gruppo di giovani pittori, i quali, già da qualche anno, erano in aperta ribellione contro l’imperante pittura romantica.

Quasi tutti costoro eran tornati allora allora dalla guerra, e, nel gran fervore di vita nuova che la liberazione avea suscitato