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XXVII.
MI FERMO A FIRENZE.
«I MACCHIAIOLI». GIOVANNI FATTORI.
A Torino non feci che passare. Corsi subito a Milano, a godere nel vederla finalmente liberata. Ed assai mi trattenne la pittura di Leonardo e quella di Luini con i tesori d’arte di Brera.
Da Milano andai a Firenze. Contavo di rimanere una settimana in questa città; e, dopo esser andato sul lido di Pisa a dipingervi le Apuane che m’eran rimaste negli occhi e nel cuore, io me ne sarei tornato alla mia Roma ed al caro rifugio dell’Ariccia. Firenze, invece, dovea essere per più di dieci anni, fino alla liberazione di Roma, la mia stabile dimora.
Ma, sul primo, a Firenze non mi trattenni molto a lungo. Eravamo tuttora nei mesi freddi che già me ne ero andato a Pisa; e di qui al Gombo, località sulla costa di San Rossore, la sola sul mare prossima a Pisa che a quel tempo fosse abitata ed abitabile. Era al Gombo che i Pisani si recavano ai bagni di mare. Vi si trovava una modesta locanduccia, tenuta dalla famiglia Ceccherini. Alla quale l’amministrazione granducale avea anche concesso la facoltà di costruir baracche per i bagnanti. Da allora — sono ormai più di trentacinque anni — la costa del Mar Pisano fu il luogo di campagna dove più a lungo io abbia dimorato e dove in maggior copia trovassi soggetti alla mia pittura. La luce, gli acquitrini, i magnifici alberi con lo sfondo del mare e delle grandiose Apuane e dei Monti Pisani, fanno di questo uno dei siti più belli e pittoreschi del