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allo sforzo necessario a scagliare il carro. Questa scena accade verso sera tra alberi ritorti dal vento marino; e nel fondo la nota bruna del mare sonoro.

Io pure avevo per le mani un soggetto in riva al mare con delle donne sortite dal bosco cariche di legna rubate. C’era il guardiano coperto di pelo di capra, che lasciava far le belle donne che «pazziavano» sulla rena.


Fu questa simiglianza dei nostri soggetti a suggerire a Mason ed a me di andare assieme a far degli studi a Tor Paterna. Prendemmo a nolo un barroccino a un cavallo per andar, intanto, a Pratica di Mare.

Al momento di salire sul barroccino, da noi noleggiato, ci domandammo l’un l’altro se sapessimo guidare; ed uno all’altro rispose di sì, ma con qualche titubanza. Io, però, cedetti le redini a Mason, essendo sicuro che come inglese dovesse saper guidare.

Ma eravamo appena a Porta San Paolo che Mason va ad arrotare un grosso carro antidiluviano che trasportava un masso di marmo. Era trainato da due buoi e due bufali. Avea ruote alte almeno tre metri e per timone un albero. Il bufalaro, andando avanti, accennava ai bufali la via con una pertica; ed il bovaro col pungolo stimolova due enormi buoi dalle lunghissime corna.

A noi piaceva tanto l’assieme di questa macchina che, senza avvedercene, andammo a darle un pericoloso bacio, schizzando poi da una parte. Mason gridava, prendendosela col conduttore del carro. Ma io mi affrettai a fargli capire che non era il caso davvero di attaccar brighe con quella razza di gente.

Attratti dalle pittoresche bellezze del paese attraversato, ed intenti ad ammirarle, sbagliammo parecchie volte la strada. Ma come Dio volle arrivammo a tarda sera a Pratica di Mare. Questa è poco distante dalla antica Ardea ed a quattro miglia dal mare. Sita in mezzo a boschi, formata da grandi casali con torre e cortile avente nel mezzo un solo grande pino gigante.