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rimorso di aver contribuito a fargli scegliere un’arte che non gli dava da vivere.

Corot, anche lui, non mi tacque che fino all’età di 45 anni non vedeva che assai di rado accolti i propri quadri alle pubbliche mostre.

Ed è questa la storia angosciosa di tutti quanti i grandi artisti francesi di quell’epoca.

XXIII

CON GIORGIO MASON SUL LIDO DI ARDEA.


A quell’epoca (1855) non ci vedevamo molto spesso con Mason. Il quale, dopo la dimora meco alla Locanda Martorelli e dopo l’ospitalità di Carterwright a Villa Sforza Cesarini, mentre io continuavo a stare il più del tempo all’Ariccia erasene tornato a dimora in Roma; nè la lasciava se non quando qualche amico lo conduceva seco per farlo godere delle bellezze delle vicine campagne.

Così, dopo il primo grande giro artistico che vedemmo, Carterwright lo volle seco anche in Sabina, ad Olevano, a Subiaco, a Castel Fusano. Per Mason era passato, allora, il regime delle castagne secche. Avea cominciato a vendere a suoi connazionali e poteva guadagnar fino a 600 sterline all’anno.

In quel tempo egli dipingeva un quadro magnifico. Questo, di cui il soggetto senza dubbio dovette essergli apparso sul vero, rappresentava un carro carico di aranci sprofondato nella sabbia che due forti bufali, spinti col pungolo da un uomo seduto sul carro, tirano. Da un lato del carro una donna con la culla del bambino e due altre donne seguono, mentre un uomo avanti alle teste dei bufali li tira, quasi per obbligarli