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da quella volta in poi l’ira non mi ha messo più fuor di me. Confesso, però, che il modificare il proprio carattere, quando si è sui trenta anni, lascia sempre una certa perplessità nel prendere un partito franco.
Avendo Emile David vissuto a Parigi nella bella epoca del rifiorimento dell’Arte Francese, mi mise al giorno di tutte le ricerche pazienti, amorose, geniali dell’epoca che nell’Arte fu sentita l’influenza rinnovatrice della rivoluzione artistica che dette alla Francia artisti eroi.
Cosa è mai il coraggio di un momento, nel furor della battaglia, a paragone del perdurare in una vita stentata, non compresa, derisa, solitaria per proseguire, nella stessa semplicità della natura, il proprio ideale? Vita vissuta in un mondo pieno di ambizioni, di lotte, di vanità, di speculazione, per la ricerca del falso; in un mondo vertiginoso, nel quale tutti, sebben contrari l’uno all’altro, ciascuno spera di toccare col gomito colui che, ingannato, lo aiuti.
Millet se ne stava, non compreso, non retribuito, col peso della famiglia, isolato nel bosco di Fontainebleau, cercando di rendere le impressioni e le emozioni che avea provato nel suo paese nativo.
Hebert se ne stava mesi e mesi romito, lontano dagli amici e dalla sua Francia, non certo fornito di larghi mezzi, in Cervara, freddo ed inospitale borgo di alta montagna, a dipingervi il suo quadro delle «Cèrvèroles»; la tela del quale, per l’angustia della stanza non potendo avere intera sul telaio, dovette tenerla rullata in parte e dipingerla pezzo per pezzo.
Troyon disse più tardi, a me stesso, che fino all’età di 44 anni i quadri suoi non solo non trovavano compratore, ma erano, anche, costantemente rifiutati alle esposizioni. E mi disse, pure, che egli era tuttora tanto miserello che un tale, che egli giovinetto avea spinto a darsi alla pittura, gli lasciò, non essendo ricco, mille franchi di rendita annuale, sentendo