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Passando ad esaminare quali mezzi fossero più acconci ad ottenere tale scopo, presto ci trovammo d’accordo, pure, nel riconoscere che l’uomo più capace e più accetto per ottenere la conversione dei Romani al nostro nuovo indirizzo politico e per ordinare un nuovo partito, per promuoverlo e per sostenerlo fosse l’amico Checchetelli.

Questi erasi da più tempo, onde sottrarsi ad ogni persecuzione, rifugiato ad oscuramente vivere a Ciciliano. I convenuti amici scelsero me per andar da lui a guadagnarlo ai nostri propositi ed a ottenere che ritornasse a dimora in Roma, per dare attuazione pratica a quelli.


Accettato l’incarico, io la sera stessa andai a Tivoli. Qui un dei nostri, tal Gigli, avrebbe dovuto fornirmi una guida ed un cavallo perchè io, nella notte, potessi raggiungere Checchetelli a Ciciliano. Non mi dettero guida. Forse non vollero darmela, perchè Checchetelli era molto sospetto e tenuto d’occhio anche nel suo rifugio di Ciciliano.

Guida gli amici Tivolesi non mi dettero. Mi ressero però la staffa mentre inforcavo un cavallo bianco che aveva la sua stalla a Ciciliano; il quale dal disio chiamato della biada e del riposo, benchè fosse assai oscura notte, mi portò direttamente e sano e salvo a Ciciliano.

La brava bestia usciva talvolta fuor della strada; ma era per accorciare il cammino. Pratica, senza esitare entrava risoluta nei boschi ed attraversava torrentelli. In tali casi io raccoglieva le redini, che gli avevo lasciato fiduciosamente sul collo, temendo che il cavallo ignorasse quanto fossero sicuri i guadi. Ma presto mi accorsi che questo era superfluo e che poteva essere anche pericoloso. Il cavallo, poi, scuotendo la testa mi faceva intendere di saperla più lunga di me. Solo aocchiava un poco, impressionato ed esitante, alla vista di certi alberi bruciati, che apparivano da un lato del nostro cammino come mostri gesticolanti.

Entrato verso giorno a Ciciliano mi trovai col naso contro la