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XVIII.

IL PROCESSO PER L'ASSASSINIO

DI PELLEGRINO ROSSI.


Grandoni venne a stare con me. Egli aveva una sua governante di Tagliacozzo, la quale provvedeva alle faccende di casa per tutti e due.

Una sera venne a casa nostra l’avvocato Del Grande e con molto calore raccomandò a Grandoni di andarsene da Roma, di mettersi in salvo, poichè la polizia lo riteneva autore del complotto per la soppressione di Pellegrino Rossi.

Il povero diavolo più non si rammentava che più volte egli, di questo, si era vantato in pubblico. Sapendosi del tutto innocente, egli non volle fuggire. Io non mancai di aggiungere, a quelle dell’avvocato Del Grande, le mie più ripetute e calorose raccomandazioni e preghiere perchè si squagliasse. Non ebbero alcuno effetto sulla sua funesta testardaggine. Niente valse; nemmeno potè smuovere la funesta sua ostinazione il dichiarargli netto che, quanto a me, io me la sarei svignata subito a Tivoli, non intendendo affatto di lasciarmi cogliere in trappola assieme a lui. Ma il disgraziato resistette a tutto e rimase. Io me la battei senza perdere un minuto.

Con grande apparato, nella stessa notte, poliziotti e gendarmi in gran numero furono a casa nostra per arrestarlo. Dopo compiuta una molto minuziosa perquisizione per tutta la casa, l’infelice Grandoni venne portato via e rinchiuso in rigorosissima carcere.

Si disse che v’era mandato d’arresto anche contro di me. Ma io non avevo alcuno che me la tirasse come aveva Gran-