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Andammo la sera molto tardi. lo vestito da buttero, Alessandro Castellani da «minente» trasteverino. Già i ladri con le loro belle aveano assai bevuto; e le danze principiavano.
Noi, preso posto vicino alla porticina, applaudivamo la bravura dei ballerini; ma eravamo guardati con alquanto sospetto da quei gentiluomini.
Alessandro Castellani, che fu uomo di grandissimo spirito, propose di cantare. E cantò, come egli sapeva, con voce incantevole, insinuante, che gli valse subito la maggior simpatia di quel bestiale uditorio. II Cacciarino suonava la chitarra; e demmo la stura agli stornelli, che si usava cantare, un dopo l’altro. Cantò primo Alessandro deliziosamente:
«Venimo da via Rasella |
— La volete?
— La volemo! — rispondevano maschi e femmine.
— Badate che....
«Pizzica e mozzica |
Venne la mia volta. Ed io, piantando gli occhi fissi in viso a Croce, cantai:
«Fiorin di serva |
Dopo aver un po’ ricamato su questo tanto semplice stornelluccio, mi volsi al Croce e gli dissi, ammiccando la Peppina:
— Embéè, paranza nun me la volete cede un pò? Perchè noi semo paranze....
Ed egli:
— Vennimmo a dì pè un discorso.... che questa è mmia e nun la cedo a gnissuno....
Ed io: