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volte detto di voler sposare il primo francese che fosse entrato in Roma. A tal vista imbracciai il fucile; ma venni trattenuto e disarmato da un vecchio domestico di famiglia.

Cessato questo primo mio impeto, lasciai la casa paterna per mai più ritornarvi.

XVII.

LASCIO LA CASA PATERNA E RITORNO ALL'ARTE.

CONTRO LA MALAVITA E PER I FUGGIASCHI.


Lasciata quella paterna, andai a stare in una casa in via Punta di Diamante. Questa era interamente disabitata, perchè si diceva che nella notte vi apparisse un frate il quale si raccomandava che si pregasse per lui onde liberarlo dalle pene del Purgatorio. Una tale leggenda mi aveva con molta convinzione narrata il mio medico omeopatico dott. Ladelci.

Dopo un mese di cannonate e di grandi emozioni sentivo un gran vuoto nella mia vita. In cerca di nuove emozioni, andai a trovarle laddove queste, spietate, non vollero apparire. Me ne dolsi col mio medico. Ed egli me ne dette la spiegazione, dicendomi che quel tale defunto Padre non voleva apparire a me, non avendo egli fede che le mie preghiere potessero arrivare al Cielo.

Subito mi cercai uno studio per rimettermi alla cara arte. Per la seconda volta andai da Massabò. Il quale, in quell’epoca, mi fece un ritratto che ancora conservo. Presi in fitto una camera nel suo studio ed in questa disegnavo gessi. Facevo, anche, qualche testina dal vero. Fra le altre feci quella di una certa Peppina, una molto graziosa «minente» la quale a quel