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oggi mi domando come si potesse regger là dentro e come il Vascello abbia potuto resistere un mese.

Le barricate vi si erano formate naturalmente, con i rottami del palazzo. Era molto fantastico vedere, nelle sere di luna, staccare sui bianchi calcinacci i difensori in nero. Gli assalti a questo strano edificio eran salutati da una orchestra di fucilate dai diversi suoi piani, e dalle cannonate che dalle mura di porta San Pancrazio venivano a spazzare la via sottostante.


Continuavano, intanto, ostinati gli attacchi anche alle mura. Ogni mattina all’aurora si udiva lo squillo delle trombe francesi; poscia la fanfara alla quale noi rispondevamo con le nostre. Quindi cominciava la battaglia che durava fino a sera.

Fino al giorno 12 non ci fu nulla di nuovo. Ma, per la notte del 12, Garibaldi avea deciso di far una sortita da Porta Angelica con un forte nerbo di uomini. I quali per riconoscersi tra loro nel buio doveano, rinnovando l’uso delle «incamiciate», avere la camicia sopra l’uniforme.

La sortita avea lo scopo di attaccare i Francesi di sorpresa sul loro fianco sinistro. Due compagnie, uscendo fuori da Porta Portese doveano far diversione richiamando su di sè l’attenzione e la difesa del nemico. Il quale avea da quella parte le proprie trincee alla villa Merluzzetto, che sta davanti alle mura che si distendono tra il terzo ed il quarto bastione.

A questa fazione presi parte anche io. Ciò che, del resto, erami di dovere perchè si dovea operar nel terreno a me affidato. Sortimmo, procedendo sparsi tra le vigne; quasi senza accorgersene ci trovammo sopra le trincee nemiche, nelle quali i Francesi in piccol numero stavano lavorando in maniche di camicia. Cosicchè da principio non usammo le armi ma solo sassi contro di essi per non dar, con esplosioni di fucili, l’all’arme al grosso dei nemici.

I Francesi, però, che se l’eran data a gambe, tornarono in forze abbondanti. Scambiammo, allora, fucilate in ritirata senza essere inseguiti, perchè i difensori delle mura validamente ci