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stesso Stato Maggiore di Garibaldi che caricava facendo da cavalleria. I cavalieri erano fiancheggiati da molti fanti di diversi corpi: garibaldini, guardia civica e molti militi della legione Manara, che si distinguevano bene per il cappello piumato alla bersagliera.
Noi ci unimmo a quelli che erano in testa e con costoro andammo all’assalto alla baionetta. Fiero fu l’urto. Il combattimento divenne un feroce corpo a corpo.
Il pianterreno del casino dei Quattro Venti era pieno di morti fatti a pezzi per gli accaniti successivi assalti, avendo i Francesi di quei miseri corpi fatto barricate; ed i nostri cannoni aveano travolti e fracassati i cadaveri, i pezzi dei quali emergevano tra il sangue ed i calcinacci. Uno ve ne era, tra tanti morti, al quale una palla di cannone avea svuotato il petto ed il ventre ed incastonato gli intestini sul muro; ed i calcinacci pioventi dal soffitto ne aveano riempito il ventre.
Si sentiva al primo piano, nel fremito del combattimento ed il rantolo della morte, scalpitìo di cavalli. Fin lassù eran montati i nostri caricando per le rampe esterne del casino. In questa furibonda carica era caduto il povero Masina. lo lo vidi, ferito a morte, che avea tuttora un piede nella staffa, mentre un greco amico suo liberandolo da questa gli baciava il piede.
Vedemmo, ad un tratto, al di là del casino dei Quattro Venti, ormai di nuovo nostro, due feriti che ci tendevano le braccia per chiederci aiuto. Con Annibali andammo ad essi per por termine, così, al nostro duello. Erano quei feriti due colossali lombardi della legione Manara, entrambi gravemente colpiti alle gambe. Mentre ci caricavamo i due infelici sulle spalle vedevamo intorno a noi alzar nuvolette di polvere fin presso i nostri piedi dai colpi che i Francesi ci tiravano dalle finestre del casino Valentini. Ma non appena ci videro col pietoso nostro carico, subito i Francesi cessarono il fuoco ed applaudirono.