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al popolo — dalla gran loggia di San Pietro in Vaticano. Spettacolo imponente, avanzo in epoca di decadenza dell’antica grandiosità romana.
Per raggiunger lo scopo, che avea non trascurabile finalità politica, Mazzini si rivolse a me. Ed io accettai. Non era facile trovare un sacerdote il quale si prestasse a sostituire in tanta cerimonia il pontefice.
Ma pensai subito a prete Spola, ne andai in cerca e gli tenni questo discorso:
— Senti, prete, benchè tu non ti sia portato benissimo, la Provvidenza e le circostanze ti aiutano. lo ti promisi di farti vescovo in partibus, in luogo di ciò ti faccio papa. Vuoi tu impartire la benedizione di Pasqua dalla gran loggia di San Pietro?
— Voglio — rispose il prete libertino. Ma quanto mi date?
— Trenta scudi.
— Che sian scudi e non denari!...
Il giorno dopo, che era quello di Pasqua, si raffazzonò alla meglio un simulacro di Corte Pontificia con relativi flabelli. Si fecero quadrati di truppe in piazza di San Pietro ed i Romani non mancarono di affluirvi; parte per lo spettacolo, parte per abitudine, parte per religione. Le campane suonavan da rivoluzionarie, le artiglierie sembravan tuonassero più a battaglia che a festa.
Intanto prete Spola in sontuoso paludamento, aperte con gran solennità le braccia, benediva il popolo.
Il triumviri, Mazzini Armellini e Saffi, assistevano alla gran cerimonia dalla loggia della Guardia Svizzera.
Mazzini, mi par ancora di vederlo, in marsina nera ed in cravatta bianca, con prete Arduini accanto, tutto assorto e pensoso, mirava l’imponentissimo spettacolo. E quando fu finito si scosse e voltosi a me che pur gli ero accosto, disse:
— Questa religione si regge e si reggerà ancora per molto tempo per la gran bellezza della forma.
Enfatico il prete Arduini mi abbracciò dicendomi;