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10 | il prigioniero del caucaso. |
e gli fa empire una ciotola di tcikir1 odoroso. Lo straniero imbacuccato nel suo gabbano stillante di pioggia, riposa in sicurezza nella casipola affumicata, e, la mattina seguente, lascia con rincrescimento il queto ospizio ove ha pernottato.
Fu un tempo in cui i giovani si adunavano per festeggiare il santo Beiram con mille giochi diversi. Ora, dividendo fra loro un turcasso pieno, trafiggevano coi pennuti strali l’aquila spaziante fralle nubi; ora, al cenno convenuto, piombavano impetuosi dal sommo di un colle, e come daini che radono appena il piano, correvano tutti a gara pei campi polverosi.
Ma la pace monotona genera tedio nei cuori nati alle battaglie; e non di rado fra i divertimenti dei giorni d’ozio sorgevano tremende contese. Spesse volte in mezzo ai tripudi ed ai banchetti si vedevan balenar le scimitarre, e le teste degli schiavi rotolare a terra fra gli applausi feroci dei fanciulli.
Il Russo si contentava d’assistere a quei sanguinosi scherzi, ma non vi prendeva parte. Anche egli avea provato la febbre della gloria e ambito una illustre fine. Martire d’un onore spietato, anche egli avea veduto la morte da vicino, esponendosi con calma e con fermezza alle palle micidiali dei duelli. Forse gli torna in mente, contemplando quei certami e quei simposi, il tempo in cui circondato d’amici egli sedea con essi a lauta mensa? — Forse lo ange la rimembranza dei dì spariti, delle speranze perdute? — oppure osserva con gaudio quei semplici e barbari diporti e con curiosità vi studia quasi in uno spec-
- ↑ Così chiamano i Circassi il vino.