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xxii | cenni intorno alla vita |
si trasferì, nel 1833, nella Russia orientale per visitare i luoghi illustrati dalle lotte e dalla sconfitta del famoso settario. La monografia della ribellione di Pugacceff comparve nel 1834.
Nel 1836, Puschin fu nominato gentiluomo di camera dello Zar Niccolò; ma la perdita di sua madre, succeduta poco dopo, gli amareggiò tal piacere. Accompagnò quella sacra spoglia al cimitero di Sviatogorschi, e, quasi presago della propria prossima fine, egli segnò, accanto alla fossa della cara genitrice, il posto ove voleva essere seppellito.
Tutti i biografi stendono un velo sulle cause della morte di Puschin. Ci è dunque forza imitare in parte il loro silenzio. Ci contenteremo di notare che Puschin, a dritto o a torto, credendosi tradito dalla consorte, sfidò in duello colui ch’egli sospettava d’avergli rapito l’onore, e in quel duello ricevè una insanabile ferita. Trasportato nella sua dimora, visse ancora due giorni in mezzo ad atroci torture.
Il poeta Giucovschi, testimone degli ultimi momenti di Puschin, ne scrisse una narrazione circostanziata, di cui riferiremo la conclusione.
«La mattina del 27 (gennaio 1837), disse al dottore Spaschi: "Mia moglie! chiamate mia moglie!" Poi volle vedere i figli. Dormivano; gli furono arrecati mezzo immersi nel sonno. Li guardò l’un dopo l’altro con attenzione e in silenzio; pose loro la destra sul capo, li benedisse, e accennò che si riportassero via. "Chi è quì?" domandò poi. Gli fu risposto: "Viasemschi e Giucovschi..." — "Fateli approssimare," sclamò con voce bassa e fioca. "Io presi la sua mano e la baciai, ma non potei far parola, e mi allontanai. Mi richiamò a sè: "Di’ all’imperatore"» soggiunse, che mi rincresce di morire; che sarei stato tutto suo. Digli che gli auguro un lungo regno, e che bramo sia sempre contento di suo figlio, contento della Russia! "Poi disse addio al principe Viasemschi. Il conte