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240 | pultava. |
aperta verso il prato, gli richiamano alla mente qualche antico orribile evento? O profanatore d’ogni cosa sacra! Riconosci quella dimora altre volte si gaia, nella quale, rallegrato dal vino, tu scherzavi a mensa in mezzo ad una felice famiglia? Riconosci l’umile asilo ove viveva l’angelo di pace; il boschetto, nel quale rapisti la bella durante una oscurissima notte?.... Lo riconosci?
Le tenebre abbuiano le steppe che si estendono lungo le rive del ceruleo Dnieper. I due capitani raminghi si adagiano sull’erba fralle rupi della sponda. Il giovine eroe dorme placidamente, e più non si ricorda di Pultava. Ma il vecchio suo compagno è inquieto; non può gustare un istante di riposo. Tutto a un tratto, una voce lo chiama nelle tenebre. Si riscuote, mira; vede una figura che si china sopra lui con un gesto minaccioso. Egli rabbrividisce come sotto alla scure. Una donna coi capelli sparsi, cogli occhi fiammeggianti e cavi, magra, squallida, livida, lacera, sta lì davanti a lui, sotto i raggi della luna.
Mazeppa. È un sogno?... oppure sei tu, Maria?...
Maria. Piano, piano, amico! È poco che mio padre e mia madre sono andati a letto.... fermo.... potrebbero udirci....
Mazeppa. Maria! Misera Maria! Torna in te.... Dio mio.... che hai?...
Maria. Ascolta. Oh che furberia! Che sciocca favola hanno inventata! Essa mi ha detto in secreto che il mio povero padre è morto, e m’ha mostrato di nascosto il capo bianco di lui.... Ohimė.... come sottrarsi alle calunnie? quel capo non era d’uomo, ma