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di alessandro puschin. xxi

comme une fontaine: que sera-ce donc, mon Dieu! quand les quadrupèdes viendront se joindre aux bipèdes, pour manger au ratelier du poète?»

Qualche tempo dopo gli era assegnato un impiego di cinque mila rubli all’anno, colla facoltà di consultare gli archivi di Stato. Puschin si valse di questo permesso per raccogliere i materiali ad una istoria di Pietro il Grande, di cui però non lasciò se non brevissimi squarci.

Nello stesso luogo dimorava il poeta Giucovschi, già mentovato più sopra, col quale Puschin contrasse una amicizia la quale non dovea cessare che colla vita.

Un altro intimo amico di Puschin, il barone Delvig, di cui fu già parlato, editore della Gazzetta letteraria e dei Fiori del Norte, morì il dì 14 di gennaio del 1831. Questa perdita immerse Puschin nella più profonda disperazione. Fra i molti ricordi che consacrò a Delvig, troviamo il seguente in una lettera:

«J’ai connu Delvig au Lycée. Je fus tèmoin, le premier, de l’indicible dèveloppement de son âme poétique... Je lisais avec lui Derjavine et Joukovsky. Je m’entrete nais avec lui de tout ce qui agite l’âme, de tout ce qui remue le cœur. Sa vie est riche non en événements romanesques, mais en beaux sentiments, en confiance et en bon sens lumineux.»

L’anno seguente, Puschin continuò i Fiori del Norte, a profitto della famiglia di Delvig, e vi inserì varie sue piccole poesie. Nel 1832, pubblicò un altro volume di quella raccolta, e fu l’ultimo. Nello stesso anno si diede con impegno allo studio dei documenti per la vita di Pietro il Grande. Le memorie relative al ribelle Pugacceff destarono in lui una sì viva curiosità, che determinò di trattare separatamente l’istoria di quella insurrezione, e tosto pose mano all’opera. Volendo poi dare al suo lavoro quel colorito di verità che risulta dalla perfetta cognizione non solo del carattere dei personaggi, ma bensì del teatro degli eventi,