Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/270


pultava. 229

La figlia. Che odo!... Il padre.... Mazeppa.... il supplizio.... mia madre è qui, in questo castello; mia madre m’implora.... no, o io deliro, o è un sogno....

La madre. No, in nome di Dio, non è un sogno, non è una illusione.... Come non sai ancora che tuo padre consunto di rabbia, non potendo tollerare il disonore della figlia, dinunziò l’etmanno allo Zar, rivelò frai tormenti mille progetti ambiziosi, mille insane chimere; — che, martire della verità, se Dio non lo libera miracolosamente, egli oggi verrà giustiziato per comando del suo nemico, in presenza di tutto l’esercito?... — che frattanto egli sta rinchiuso nella torre del castello?

La figlia. Dio, Dio mio!... oggi!... ahi, misero padre!...

E la fanciulla ricade sul letto fredda come un cadavere.

La piazza brulica di gente. Le lance scintillano. Il tamburo rimbomba. I cavalieri galoppano; i fantaccini marciano in ordine. La moltitudine ondeggia e serpeggia; i cuori palpitano.

Il boia, aspettando la vittima, passeggia sul palco infame e scherza. Ora afferra la scure pesante, e la fa saltellare fralle sue mani, ora motteggia e ride colla giubilante plebe. Le strida delle donne, gli alterchi, le beffe, il mormorío dappertutto risuonano.... Ma un alto clamore ergesi al cielo; quindi a quello succede un profondo silenzio. Appena un calpestio di cavalli s’ode di quando in quando. Circondato di guardie, s’avanza cogli altri anziani il potente etmanno sopra un corsiero nero.... Sulla strada di Chieff