Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
eugenio anieghin | 189 |
che non ci voglia allignare. Farebbe all’uopo in un epigramma.1 Ma riedo alle nostre dame. La vezzosa di cui parlavamo, tanto più vezzosa ch’era naturale nelle sue maniere, stava accanto a Nina Voronsca la Cleopatra della Neva. — Eppure la bellezza abbagliante di questa non eclissava quella della sua vicina. Perchè? Perchè Nina era una statua.
“Se non erro, pensava Eugenio,” è dessa. “Ma sì; è appunto dessa.... No.... Come! Da un oscuro villaggio nelle steppe!...”
E prendendo l’occhialino che non lasciava mai, lo volge spesso su quella signora, i cui lineamenti gli rimembrano una persona obliata da un pezzo.
“Principe, non conoscereste quella che discorre coll’ambasciador di Spagna, e che ha un turbante chermisi?”
Il Principe osserva Anieghin con stupore.
“Ah!” sclama, “è vero che non vai più in società da molto tempo. Aspetta, io ti presenterò a lei.”
“Ma chi è essa?”
“È mia moglie.”
“Sei ammogliato! Non lo sapevo. Da quando in qua?”
“Da circa due anni.”
“Con chi?”
“Con una Larin.”
“Taziana?...”
“La conosci?”
“Io sono loro vicinante.”
“Dunque vieni.”
- ↑ Vuole dire che il vulgar è frequente nella società russa.