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144 | eugenio anieghin |
Ma quel che più la meraviglia è vedere un gambero a cavallo sopra una aragna; una oca con un teschio coperto d’una berretta rossa; un molino che sgambetta e dibatte l’ali e si fa vento. Dappertutto latrati, risate, canti, fischi, picchiar di mani, strida d’uomini, calpestio di cavalli.
Ma come stupì ancor più la nostra Taziana, allorchè in mezzo a quelle bestie orrende, scorse....... chi mai?... Colui che le è sì caro e sì tremendo; il protagonista di questa istoria, Anieghin! Sta seduto a quella tavola e di quando in quando getta una occhiata verso l’uscio. Fa un gesto: tutti si rannicchiano; beve: tutti tracannano e urlano; sogghigna: tutti si sganasciano dalle risa; aggrotta le ciglia: tutti tacciono; egli è il padron di casa, di ciò non v’ha più dubbio. Taziana comincia ad aver meno paura; e con curiosità, si prova a tirar chetamente la porta.... ma in quel punto il vento soffia; i lumi si smorzano, la masnada infernale si rizza in iscompiglio; Anieghin cogli occhi sfolgoranti s’alza precipitosamente; tutti fanno lo stesso, ed egli sta per escire. Taziana spaventata vuol fuggire, ma le mancan le gambe; impaziente vuol chiamare, ma le manca la voce. Eugenio spinge la porta. Alla vista della fanciulla tutti i demoni e tutti i mostri cacciano un evviva frenetico e atroce; tutti l’ammiccano, la sollecitano cogli occhi, colle unghie, colle proboscidi, colle code, colle zanne, coi mostacci, colle lingue sanguinolenti, colle corna, colle branche adunche: tutti ruggiscono: “È mia, è mia!”
“È mia!” esclama Eugenio minaccioso; e tosto tutta la frotta maledetta sparve. La cara verginella