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142 | eugenio anieghin |
la fanciulla gli corre dietro sulla punta dei piedi e plasmando la voce in suon più dolce di quella della zampogna, gli domanda il suo nome. Egli la guarda in faccia e risponde: “Agatone.”1
Un’altra volta ordinò che si mettessero due posate sulla tavola della sala da bagno. In un subito si sente presa d’un brivido; e io.... anch’io raccapriccio all’idea di Svetlana.... ma noi non farem sortilegi colla nostra fanciulla. Sfibbia la scarpa di seta, si spoglia, appiatta uno specchietto sotto il capezzale e salta in letto. Morfeo intanto svolazza silenzioso in torno a lei. Tutto tace, Taziana dorme.
Ma dormendo fa un sogno strano. Le pare di camminare sopra un campicello cosperso di neve e offuscato dalla nebbia. Un torrente non incatenato dall’inverno, balza davanti a lei, spuma, gorgoglia oscuro e grigio e s’arrovella fra mille massi di ghiaccio. Due pertiche appiccicate insieme dal gelo, formano, da una ripa all’altra, un ponticello tremolo e periglioso. Taziana giunta all’orlo del baratro mugghiante si ferma come priva di senno.
Si lagna del ruscello che le taglia il cammino, e guarda intorno; ma non vede nessuno che le porga la mano per aiutarla a tragittare. Tutto a un tratto, i massi di ghiaccio crollano; che mai n’esce? Un colossale orso. — Ahi! grida Taziana. — Ma l’orso si mette a grugnire e offre alla fanciulla la sua zampa irta d’acuti artigli. Essa vi si appoggia con tremore e varca il torrente a passi titubanti. Giunge all’altra sponda — ma che? L’orso la segue. Essa si affretta nè
- ↑ Questo è il modo che adoperano le ragazze superstiziose per sapere il cuore del loro futuro sposo.