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130 | eugenio anieghin |
ressarla.1 I vicinanti crollando la testa con aria d’importanza, ripetono fra loro: “Sarebbe tempo che le si desse marito.” Ma lasciamola stare per adesso, e passiamo a descrivere le delizie d’un amore fortunato. La compassione quasi mi tronca il respiro; scusate, cari lettori, voglio tanto bene alla povera Taziana!
D’ora in ora più allacciato dalla vezzosa Olga, Vladimiro si abbandona tutto a quella piacevole schiavitù. Sempre sta presso ad essa. La sera siedono insieme nell’angolo più oscuro della di lei camera; la mattina errano nel giardino colle mani giunte e intrecciate. Vladimiro, ebro d’amore, ma paralizzato dal rispetto, appena alcune volte ardisce, imbaldanzito dal sorriso d’Olga, scherzare coi di lei biondi ricci e baciarle il lembo della vesta.
Di quando in quando, le legge un romanzo morale, il cui autore conosce la natura umana meglio che non la conosca Chateaubriand. Vladimiro arrossendo salta talvolta due o tre pagine di seguito, perchè piene di fandonie insulse, di fantasticaggini pericolose per una giovinetta. Oppure, lontani da tutta la gente, seduti col gomito appoggiato sulla tavola, assorti in profonde riflessioni, giocano a scacchi; e Lenschi, preoccupato d’altro che del gioco, prende l’alfiere per una pedina.
Se torna a casa, anche li pensa unicamente alla sua Olga. Orna d’imagini i fogli volanti del di lei Album. Vi rappresenta colla penna e coi colori, ora un tratto di paese, ora un monumento funebre, ora il tempio di Citerea, ora una colomba sopra una
- ↑ Altro gallicismo necessario.