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x | cenni intorno alla vita |
Quando arrivò all’età di dodici anni, entrò al Liceo di Zárscoie-Seló, fondato dall’imperatore Alessandro I. Quell’educazione collettiva regolare e monotona, quella disciplina rigida e cavillosa, stettero quasi per soffocare i germi dell’ingegno di Puschin. I professori malcontenti non davano di lui se non ragguagli sfavorevoli. Uno di essi, il signor Cunizin, così si esprimeva riguardo a Puschin, in un suo rapporto:
«L’allievo Alessandro Puschin ha intendimento e perspicacità, ma manca di applicazione. Non è capace d’occuparsi che di oggetti futili; quindi fa pochi progressi negli studi, e men che in altro, nella logica.»
Probabilmente, nel redigere questo certificato di futilità, il professore Cunizin pensava ai versi che già Puschin dettava, e che facevano le delizie di tutti i suoi condiscepoli. Alcuni di codesti saggi capitarono fra mano al celebre poeta Giucovschi traduttore dell’Ariosto, di Wieland e d’Omero: meravigliato della grazia che osservò in quelli, indirizzò una epistola all’autore, e gli offrì in dono uno dei suoi volumi. Puschin, giustamente superbo di tali distinzioni, scrisse sopra una pagina del suo giornale: «Giucovschi mi ha regalato una sua opera!!!» Questo dono fece epoca nella vita del giovine alunno delle Muse.
Nell’anno 1815, scrisse, in occasione della distribuzione dei premii, un poemetto intitolato: Rimembranze di Zárscoie-Seló. Fu letto pubblicamente nell’adunanza solenne alla quale assisteva il venerabile Dergiavin, lirico celeberrimo, autore dell’inno A Dio, che trovasi tradotto in tutte le lingue colte d’Europa. Il conte Rapumovschi avendo chiesto se Puschin che scriveva tanto bene in verso, saprebbe scrivere egualmente bene in prosa, Dergiavin pose la destra sul capo del fanciullo, esclamando: "È nato poeta; sarà assai più utile; non lo distogliamo dalla sua vocazione."
Durante il suo soggiorno nel Liceo, vale a dire dal 1812