Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
eugenio anieghin | 125 |
poco dagli uni, disingannato tosto dagli altri, consumato dal desiderio, disgustato dei suoi successi efimeri; sempre occupato a trasformare i suoi sbadigli in sorrisi, e sentendo sempre in mezzo allo strepito e al silenzio la voce della coscienza che lo rimbrottava: così visse Eugenio per ben due lustri; così lasciò perire il più bel fior degli anni suoi.
Ora, egli non circonveniva più le fanciulle; tendeva le reti alle donne. Se lo ributtavano, tosto si consolava; se lo gabbavano, godeva di prender qualche sosta. Le corteggiava senza fanatismo, e le abbandonava senza rammarico, appena memore dei loro favori e de’ loro furori.... In simil guisa, uno straniero indifferente, invitato a una partita di whist, si pone a sedere, gioca, e quando finisce il trattenimento, se ne torna a casa passo passo e s’addormenta senza saper dove anderà a conversazione la sera susseguente.
Comunque sia, il biglietto di Taziana commosse profondamente Anieghin. L’ingenua manifestazione di quel sogno virginale sconvolse tutti i suoi pensieri. Si raffigurò subito Taziana, e quel sembiante scolorato e quell’aria melancolica; e l’anima sua piombò in una molle e vaga contemplazione. Forse sentì risvegliarsi l’antico ardore e l’antica baldanza; ma la rintuzzò; chè non volle tradir la fiducia d’una fanciulla inesperta.
Ora, vi ricondurrò, lettore, al luogo ove i nostri personaggi s’incontrarono.
Per ben due minuti tacquero. Quindi Anieghin s’appropinquò a Taziana dicendo:
“Voi mi avete scritto un biglietto. Non dite di