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120 | eugenio anieghin |
grazie al cielo, sei sana.... non riman segno del tuo incomodo.... hai il volto rosso che pare proprio un papavero.”
“O balia, fammi un piacere....”
“Due, figliuola. Comanda pure....”
“Non credere già.... non sospettar mica.... non dir di no, veh!”
“Come è vero il vangelo, io ti servirò.”
“Dunque, manda di nascosto il tuo nipotino dal.... dal vicinante A.... con questo biglietto.... e in timagli che non mi nomini, che non dica....”
“Ma a chi mai? cara padroncina.... sono divenuta così smemorata e ci son tanti vicinanti intorno a noi che non li saprei nemmeno contare.”
“Come sei poco furba, balia mia!”
“Dolce figliuolina, io son vecchiotta; mi si è affievolito l’ingegno.... nei tempi andati ero vispa anche io; indovinavo il volere dei padroni a un cenno, a un alito....”
“O balia mia, che mi cianci? Che ho io bisogno del tuo ingegno.... To’; questo biglietto è per Anieghin.”
“Ho capito, ho capito. Non ti riscaldare, anima mia; sai che son dura di zucca.... ma perchè torni ad esser così pallida?”
“Non sarà niente, non sarà niente. Manda presto il tuo nipotino.”
Un giorno passa; non vien risposta. Un altro giorno arriva, egual silenzio. Smorta come un fantasma e vestita sin dall’alba, Taziana aspetta: quando verrà la risposta? Giunge intanto l’amante di Olga.