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eugenio anieghin | 115 |
sulla loro fronte: Lasciate ogni speranza.... come sulla soglia dell’inferno. Ispirare amore lo stimano una calamità; e loro diletto è spaventare i cuori. Può darsi che abbiate incontrato di cotali donne sulle sponde della Neva.
Ho veduto fra una turba di adoratori obedienti altre dee capricciose, egoiste, ed indifferenti ai sospiri e alle lodi. Ma qual fu il mio stupore quando m’avvidi che se colla loro severità tremenda scacciavano l’amante timido, tosto lo richiamavano indietro a forza di finezze, e di promesse! E il credulo giovinetto, accecato dall’amore, tornava a ripigliare le antiche catene.
Perchè sarebbe Taziana più colpevole? Forse perchè, nella sua cara semplicità, essa non s’accorge del suo fallo e confida pazzamente in un dolce errore? Perchè essa ama da novizia e cede all’attrazione del primo sentimento? Perchè le largi il cielo imaginazione inquieta, ingegno fervido, volontà risoluta e ostinata, cuore tenero e ardente? Non le perdonerete forse la sua imprudenza?
Le civette giudicano con sangue freddo. Taziana ama per davvero, e da bambina che è, s’abbandona all’amore senza riserva nè condizioni. Essa non calcola; non dice “Aspettiamo. La dilazione accresce pregio ai favori. Ritardando, lo prenderemo più sicuramente al laccio. Prima di tutto stimoliam la vanità col pungolo della speranza; sbraniamo poi il cuore col dubbio; e incendiamolo finalmente di gelosia. Senza di ciò, il prigioniero, tosto satollo di voluttà, cercherebbe ad ogni istante di rompere i suoi ceppi.”