Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
eugenio anieghin | 111 |
passione sincera e illibata, animato d’un continuo entusiasmo, egli era ognor pronto a sacrificar sè stesso per gli altri; e verso l’ultimo capitolo del libro, il vizio vedevasi sempre punito, e la virtù sempre ricompensata.
Ma oggidì come siam decaduti! La morale ci fa l’effetto d’un narcotico. Il vizio solo ci sembra piacevole in sè stesso e nei romanzi nei quali trionfa. Le chimere della Musa britannica turbano il sonno delle fanciulle di men di dodici anni, che han sempre presente al pensiero o il fantastico Vampiro, o Melmoth l’oscuro avventuriere, o il Giudeo errante, o il Corsaro, o il misterioso Sbogar.1 Almeno Lord Byron con lodevole audacia improntò di romantica mestizia l’egoismo disperato.
Amici cari, qual ne sia la cagione? Forse un dì io cesserò di verseggiare, se così vuole il cielo. — Un altro demone s’impossesserà di me, e sprezzando le minacce di Febo, mi umilierò fino a trattar la vile prosa. Farò succedere ai miei poemi arditi un romanzo modesto. Non dipingerò in stile orrendo, nè tormenti atroci, nè delitti secreti, — ma vi racconterò con semplicità le tradizioni di qualche famiglia russa, le illusioni ridenti dell’amore, e i costumi dei nostri antenati. Vi riferirò i saggi consigli d’un buon padre, o d’un buono zio; gli incontri dei giovanotti in riva a un ruscello, sotto un vecchio tiglio; gli spasimi crudeli della gelosia e della separazione e le lacrime della riconciliazione.... Attraverserò l’amore dei miei personaggi con ogni sorta d’ostacoli, poi final-
- ↑ Il Vampiro, romanzo del Polidori, medico di Lord Byron; Melmoth, di Mathurin; Giovanni Sbogar, di Carlo Nodier.