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eugenio anieghin | 109 |
il viso tondo e rosso come quella stolta luna, laggiù su quello stolto orizzonte.”
Vladimiro rispose seccamente, e non fiatò più parola per tutto il resto del cammino.
Frattanto l’apparizione di Anieghin nella casa dei Larin produsse una grande impressione, e diede che ciarlare a tutti i vicinanti. Si almanaccarono mille congetture; ognuno chiacchierò, burlò, giudicò senza giudizio, e pronosticò un marito alla Taziana. Alcuni persino asserirono, che il matrimonio era già stabilito, ma differito per il motivo che non si era potuto trovare un anello di moda. In quanto allo sposalizio di Lenschi, i vicinanti l’avevan già da gran tempo combinato.
Taziana, non poteva udire senza stizza quei pettegolezzi; eppure in secreto, provava una certa dolcezza nel pensarvi. L’idea del matrimonio le s’innesto nel cuore, e poco a poco involontariamente s’innamorò. Così il seme caduto nel seno della terra, germoglia sotto i raggi di primavera. Da un pezzo di già, l’imaginazione di Taziana, maturata dall’ozio e dalla tristezza, appetiva un pascolo costante; da gran tempo, una inquietezza profonda angustiava quel giovine petto; e quell’anima inesperta aspettava qualcheduno.
Egli venne. Taziana aprì gli occhi, esclamò: È desso! Ormai i giorni e le notti, il sonno e la veglia, sono pieni di lui; tutto parla di lui senza posa all’animo della gentil giovinetta. Il resto le viene a noia, e l’aura dei complimenti, e le cure premurose dei servitori. Immersa nella meditazione e nel dolore, non attende più agli amici di casa; maledice