Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
92 | eugenio anieghin | 103 |
terra gradualmente s’illumina; quando lo zeffiretto messaggero del giorno aleggia e scherza sulle onde e sui prati. Nelle notti d’inverno, quando il pigro Oriente riposa sotto i raggi smorti della luna annuvolata, Taziana sempre desta all’ora solita esciva da letto al chiaror d’una lucerna.
Ben presto si diede a divorar romanzi, e questi le tennero luogo di tutto. In special maniera s’affezionó ai racconti di Richardson e di Rousseau. Il padre di Taziana, galantuomo addietrato d’un secolo, non leggeva mai. Considerava i libri come innocui giocattoli, nè si curava di scoprire quali insidiosi volumi si appiattassero sino al mattino sotto il guanciale di sua figlia. La madre poi, venerava altamente Richardson, non già per averlo letto, non già perchè anteponesse Grandisson a Lovelace; ma perchè sua cugina, la principessa Alina di Mosca, citava molto spesso i nomi di quei personaggi. In quell’epoca, il signor Larin non era ancora che suo pretendente, ma senza speme. Essa ardeva per un altro, del quale stimava più assai il cuore e lo spirito. Questo fortunato Grandisson era un sergente della guardia, famoso damerino e giocatore. Essa, ad esempio di lui, andava sempre vestita di moda e con gran fasto. Ma un bel mattino i parenti della fanciulla la fecero sposa senza nemmeno chiederle il suo consenso. L’assennato marito, volendo dissipare il di lei cordoglio, si trasportò immantinente nelle sue possessioni, e lì la povera signora, circondata da Dio sa chi, s’arrabbiò da principio, pianse, e fu quasi in procinto di piantar li lo sposo. Poi si addiede alle cure domestiche, s’avvezzò al suo nuovo stato, si