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94 eugenio anieghin


CAPITOLO SECONDO.

O rus!

Orazio.

O Russia!

Traduzione libera.

La terra ove s’annoiava1 Eugenio era un delizioso asilo nel quale un amante dei piaceri semplici avrebbe goduto una perfetta felicità. La casa signorile si ergeva isolata sul margine d’un fiumicello a piè d’un monte che la riparava da’ venti del norte. Intorno intorno verdeggiavano e fiorivano ameni campi indorati di mèssi e prati ubertosi ove spaziavano gli armenti. Qua e là un villaggetto o un vasto giardino abbandonato che spandeva un’ombra fresca ove venivano le Driadi a meditare.

Il venerabile castello era costrutto come devono essere tutti i castelli; straordinariamente solido e tranquillo, secondo l’uso dei nostri giudiziosi avi. Sale ampie ed alte, arazzi appesi alle pareti, ritratti d’antenati e stufe di maiolica in ogni camera. Tutto ciò ripugna al gusto odierno, io non comprendo perchè. D’altronde, l’amico badava pochissimo all’architettura e alla mobilia, atteso che sbadigliava nei saloni moderni come negli antichi.

  1. Il n’y a que les sols qui s’ennuient” dice Beaumarchais (Barbier de Sèville, atto I, scena II), e ha ragione. Puschin vuol significare che la scioperatezza genera la noia, e che i dandy si annoiano perchè sono scioperati. Ma perchè scioperati? Perchè stolti.