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eugenio anieghin 89

brillava il sorriso della luna, errando insieme lungo le sponde del fiume, ci narrammo a vicenda gli episodi romanzeschi dei nostri primi amori! Ridivenivamo sensibili e noncuranti, oppure ci inebriavamo in silenzio dei grati olezzi della verdura, in mezzo a quelle tenebre sfolgoranti di stelle. Trasferiti in idea dal tempo presente sì amaro, nel passato sì dolce, provavamo quel che proverebbe un galeotto, il quale addormentatosi nell’orror dell’ergastolo, si destasse in seno a un fiorito boschetto.

Immerso nell’abisso delle sue rimembranze, talvolta Eugenio se ne stava aggomitato1 sul granito, come il personaggio descritto dal poeta.2 Alta quiete regnava intorno, non s’udiva altro strepito che il grido delle sentinelle, e di quando in quando il fragore delle ruote d’un droschi nel quartiere della Miliona. Al più al più, una barchetta a remi solcava lentamente la superficie unita del gran fiume; e ci molcea l’orecchio un suon di corno misto a un canto flebile in lontananza. Ma più soave assai echeggia nelle ombre opache l’armonia delle ottave del Tasso.

O lagune dell’adriaco mare, o Brenta! Io vi vedrò; io andrò a ispirarmi al susurro delle vostre acque. La vostra voce è sacra ai figli d’Apollo; essa mi è nota per la cetra altera d’Albione,3 mia maestra e donna. Io assaporerò la voluttà delle notti dell’aurea Italia; io vogherò in una misteriosa gon-

  1. Aggomitare non si trova nei vocabolari, ma essendo necessario si può usare.
  2. Allusione a certi versi scritti dal poeta Muravieff.
  3. Lord Byron, che abitò molto Venezia e vi compose un canto di Childe Harold, la tragedia dei Due Foscari, e altri poemi.