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84 | eugenio anieghin |
infiniti sguardi ardenti li accompagnano, e l’armonia dei violini soffoca il cinguettio delle gelose donne alla moda.
Nei miei giorni di felicità e di desiderio, io ammattiva per le feste di ballo. Non conosco luogo più propizio per far dichiarazioni d’amore, e consegnar viglietti teneri. O rispettabili mariti! Io vi offro i miei servizi, e vi prego d’attendere alle mie parole: vi voglio salvar l’onore. Voi pure, buone madri, osservate con maggior rigore la condotta delle vostre figlie, abbiate sempre gli occhiali a cavalcioni sul naso.... Non crediate però ch’io.... Dio me ne scampi e liberi! Parlo così, perchè già da un pezzo io non pecco più.
Ahimè, che ho perduto molta parte di mia vita in diporti frivoli! Eppure mi talenterebbero tuttora le feste di ballo, se non offendessero la morale! Io amo la petulante gioventù, la folla, il brio, l’allegria, gli addobbi ricercati delle belle; ma più di tutto io vagheggio i loro piedini. Peccato però, che in tutta la Russia si trovino appena tre paia di bei piedi muliebri! Ma fra questi uno ve n’ha, ch’io non potrò sì tosto dimenticare! Tribolato, spassionato, desto o svegliato, io gli ho sempre presenti, e ogni notte vengono a stuzzicarmi in sogno. In nessun tempo, in nessun clima li potrò io obliare. Ahi, piedini, piedini! Dove siete adesso? Sotto qual zona premete i fiorellini di primavera? Avvezzi alla mollezza orientale, non stampaste orma sulle orride nevi del settentrione; vi bisognava la morbidezza dei tappeti di Persia. Per voi, io scordai la gloria, l’ambizione, il paese degli avi miei, e la mia prigionia. L’incanto