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Ghirei siede con gli occhi fisi al suolo; la pipa d’ambra fuma nella di lui bocca. La calma regna nel palazzo; i vili cortigiani s’affollano silenziosi intorno al minaccioso Khan.1 Tutti con rispettosa attenzione spiano su quella fronte accigliata i segni della rabbia e del dolore. Il monarca altero fa un cenno colla destra impaziente e tutti riverenti si ritirano.
Solo nella sua stanza, respira più liberamente, e i moti del suo cuore si riflettono con maggiore energia sulla sua fronte. Così il cristallo ondoso d’un golfo riproduce fedelmente l’imagine delle procellose nubi. Che cosa mai sconvolge quell’anima superba? Che progetto assorbe i pensieri di Ghirei? Forse vuol muover guerra ai Russi, imporre leggi alla Polonia? Forse lo divora la sete di sanguinosa vendetta? Oppure scopri una congiura nell’esercito? O finalmente lo inquietano l’odio dei suoi popoli e le insidie dello scaltro Genovese?
No: egli è sazio ormai di gloria militare. La sua mano micidiale si riposa dalle fatiche bèlliche, e la passione della guerra non gli infiamma più la mente.
- ↑ Nome dei re dei Tartari.