Fronte onoro e mi è orrendo le canute
Chiome indifese profanar e il brando
Levar feroce. Ah sì sempre io rammento
Quando nel duro carcere, fra i ceppi
Fiacco, in cupo dolor, per il vegliardo
Mi scongiurava l’egro fratel mio ».
Tacque; e gli occhi inclinò; rigava il pianto
Il fiero aspetto: e gli dicean tra il riso
I compagni: A che piangi? oh ti rincora.
Perchè i morti rammenti? E non siam vivi?
Fra i banchetti festanti il largo cibo
L’uno porga all’altro. — Or la spumante coppa
Gira a cerchio; e le già morte novelle
Si ravvivan nel vino: ognun racconta
Della fionda che mai non manca al segno. —
Tutto è strepito e gaudio. Coscïenza
Dorme nel chiuso cor; ma se la negra
Ora sovrasti si riscote e uccide.