62 E cominciò a gridare: Oimè l’occhio:
Morgante, tu non bei, anzi tracanni,
Anzi diluvii, ed io sono un capocchio,
Chè so che ad ogni giuoco tu m’inganni:
Forse tu stesti aspettare il finocchio?
Un altro arebbe badato mill’anni:
Per Dio, che tu se’ troppo disonesto;
Noi partirem la compagnia, e presto.
63 Se fussin come te fatti i moscioni,
E’ non bisognere’ botte nè tino;
E forse tu fai piccoli i bocconi?
Ma questo non importa come il vino.
Tu non se’uom da star tra compagnoni,
Non lasci pel compagno un ciantellino:
Del liocorno mi rimase il torso,
Or di due otri te n’hai fatto un sorso.
64 Morgante avea di Margutte piacere,
E d’ogni cosa con lui si motteggia;
Dunque Margutte cenò sanza bere,
E la fanciulla ridendo il dileggia.
Dicea Margutte: Già di buone pere
Mangiato ha 'l ciacco. E sottecchi vagheggia:
E ciò che dice costei, sogghignava,
Ma con Morgante assai si scorrubbiava.
65 Quando egli ebbon cenato, e’ s’assettorno
Dintorno al fuoco, e quivi si dormieno,
Per aspettar che ritornassi il giorno,
Su certe frasche, e sopra un po’ di fieno.
L’altra mattina il cammel caricorno,
E pure inverso il camin lor ne gieno,
Sanza trovar o vettovaglia o tetto,
Tanto che pur la fanciulla ha sospetto.
66 E dicea: Questa selva è tanto folta,
Morgante, ch’a guardarla non m’arrischio.
Dicea Margutte: Che sent’io? ascolta;
E’ par ch’i’oda di lontano un fischio.
Giunsono appresso ove la strada è volta:
Ecco apparir dinanzi un bavalischio,
E cominciava gli occhi a sfavillare;
Morgante fe la fanciulla scostare.