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368 il morgante maggiore.

112 L’anno correva ottocentesmo sesto,
     Dominante il pianeta che vuol guerra,
     E bisognò che sia mezzo bisesto,
     Perchè un dì natural sopra la terra
     Istette il sole; ond’io non so, per questo,
     Se forse ancor lo astrolago qui erra,
     Cioè la terra, lo emisperio nostro,13
     Ch’i’ non iscriva anch’io con bianco inchiostro.

113 Non so chi leggerà, come consente
     Che tanta gente però morta sia;
     Ma perch’io ho quella parola a mente:
     E Micael vi farà compagnia,
     Io non credo che Orlando veramente
     Avessi simulata la bugia,
     Ma ch’e’ vi fusse il campion benedetto:
     E poi ch’e’ fu di maggio sia ridetto.

114 Sai che e’ si dice: noi non siam di maggio,14
     E non si fa così degli altri mesi,
     Perch’e’ canta ogni uccel nel suo linguaggio,
     E l’asin fa que’ suoi ragli distesi;
     Sì che la cosa ridire è vantaggio:
     Ma non son tutti i proverbj compresi:
     Come a dir che alla mensa non s’invecchia,14a
     Chè poco vive chi molto sparecchia.

115 E per tornare alla materia mia,
     O vero, o no, con pace si comporti:
     Se Micael venne, il ben venuto sia;
     Se non vi venne, e’ basta che son morti:
     Colui che scrive istoria o commedía,
     Convien che alla scrittura si rapporti,
     O grido o fama, e quel che trova dica,
     In ogni cosa moderna o antica.

116 Or qui incomincian le pietose note:
     Orlando essendo in terra ginocchione,
     Bagnate tutte di pianto le gote,
     Domandava a Turpin remissione;
     E cominciò con parole devote
     A dirgli in atto di confessione
     Tutte sue colpe, e chieder penitenzia,
     Chè facea di tre cose conscienzia.