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canto ventesimosettimo. 357

57 La battaglia era tutta paonazza,
     Sì che il mar rosso pareva in travaglio,
     Ch’ognun, per parer vivo, si diguazza:
     E’ si poteva gittar lo scandaglio
     Per tutto, in modo nel sangue si guazza,
     E poi guardar come suol l’ammiraglio,
     Ovver nocchier, se cognosce la fonda,
     Chè della valle trabocca ogni sponda.

58 Credo che Marte di sangue ristucco
     A questa volta chiamar si potea,
     E sopra tutto Rinaldo era il cucco,
     Che con la spada a suo modo facea.
     Orlando intanto ha trovato Malducco,
     Che Berlinghieri ed Otton morto avea:
     Ma questa morte gli saprà di lezzo,
     Chè Durlindana lo tagliò pel mezzo.

59 Ed Ulivier riscontrava Brusbacca,
     Che per lo stormo combatteva forte,
     E ’l capo e l’elmo a un tratto gli fiacca;
     Ma non sapea ch’egli ha presso la morte;
     Chè l’Arcaliffa intanto di Baldacca
     Lo sopraggiunse per disgrazia o sorte
     A tradimento, e la spada gli mise
     Nel fianco, sì che alla fine l’uccise.

60 Ulivier, come ardito, invitto e franco,
     Si volse indrieto, e vide il traditore,
     Che ferito l’avea dal lato manco,
     E gridò forte: O crudel peccatore,
     A tradimento mi desti nel fianco,
     Per riportar, come tu suoli, onore:
     Questa sia sempiterna egregia lalde
     Del re Marsilio e sue gente ribalde.

61 E trasse d’Altachiara con tant’ira,
     Che gli spezzò l’elmetto e le cervella,
     Sì che del Saracin l’anima spira,
     Chè tutto il fesse insino in sulla sella;
     E come cieco pel campo s’aggira,
     E con la spada percuote e martella:
     Ma non sapea dov’e’ si meni il brando,
     E non vorrebbe anche saperlo Orlando.