44 Io v’ho pur, cavalieri, a tutti detto,
Ognun di questo ammaestrato sia,
Che come Orlando si muove in effetto,
E’ non sia ignun che mi tagli la via;
Io gli trarrò per forza il cuor del petto:
Ognun si scosti, la vendetta è mia:
Chè Ferraù, s’io non ne sono errato,
Degno fu certo d’esser vendicato.
45 E’ si sentiva i più stran naccheroni,
E tante busne e corni alla moresca,
Che rimbombava per tutti i valloni,
E par che degli abissi quel suono esca;
Tanti pennacchi, tanti stran pennoni,
Tante divise, la più nuova tresca
Era cosa a veder per certo oscura,
E fatto arebbe a Alessandro paura.
46 L’anitrir de’ cavalli, e il mormorare
De’ Pagan che venivan minacciando,
Ch’ognun voleva i Cristian trangugiare,
E sopra tutto Falserone Orlando;
Parea quando più forte freme il mare
Scilla e Cariddi, co’ mostri abbaiando;
E tutta l’aria di polvere è piena
Come si dice del mar della rena.
47 Quivi eran Zingani, Arbi e Soriani,
Dello Egitto, e dell’India, e d’Etiopia,
E sopra tutto di molti marrani,
Che non avevon fede ignuna propia,
Di Barberia, d’altri luoghi lontani:
Ed Alcuin, che questa istoria copia,
Dice che gente di Guascogna v’era:
Pensa che ciurma è questa prima schiera!
48 Ed avean pur le più strane armadure
E’ più stran cappellacci quelle genti;
Certe pellacce sopra il dosso dure
Di pesci, coccodrilli e di serpenti,
E mazzafrusti, e grave accette, e scure;
E molti i colpi commettono a’ venti,
Con dardi, ed archi, e spuntoni, e stambecchi,
E catapulte che cavon gli stecchi.