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288 il morgante maggiore.

209 Ma perch’io so che tu farai macello
     In Roncisvalle, volentier ti porto,
     E così Ricciardetto Farferello:
     Ch’io vedrò certo molto popol morto,
     E correrà di sangue ogni ruscello;
     Chè sai ch’egli è de’ miseri conforto,
     Di veder come lor qualche altro afflitto:
     Però ti traggo volentier d’Egitto.

210 Venne Milusse, e portò l’erba seco,
     E dettela a Rinaldo in un sacchetto,
     E disse: Dagli Antipodi l’arreco.
     Disse Astarotte: Dálla a Ricciardetto.
     Rinaldo guarda, e rimase al fin cieco,
     E disse: Il vero, Astarotte, m’hai detto;
     Pertanto andianne. E saltò in su Baiardo,
     Che questa volta gli parrà gagliardo.

211 Quando Baiardo il diavolo sentiva,
     Perch’altra volta di questi alloggioe,
     Intese ben come la cosa giva,
     E come un drago a soffiar comincioe;
     E così l’altro cavallo annitriva,
     E raspa e salta, e ’l cammin suo piglioe
     Con tanta furia, e così Astarotte,
     Che l’uno e l’altro non sente di gotte.

212 Lasciate le piramide, accadea
     Di Miride passar la gran palude;
     Per che Astarotte a Rinaldo dicea:
     Che vuoi ch’io facci? e Rinaldo conclude:
     Parmi tu salti; e così si facea:
     Ma Ricciardetto pur gli occhi si chiude,
     Per non veder quanto il caval vadi alto;
     Tant’è che questa si spaccia in un salto.

213 Poi cavalcando, e già per Libia entrato,
     Trovato ha il fiume, ovver palude o lago
     Il qual Triton da Tritonia è chiamato;
     E poi più oltre, lasciata Cartago,
     A destra il fiume Bagrade ha trovato,
     Dove uccise il serpente Attilio o ’l drago,
     Onde e’ si dice ancor tante novelle,
     E come a Roma quel mandò la pelle.