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280 il morgante maggiore.

169 E ringrazio il mio car non Angiolino,8
     Sanza il qual molto laboravo invano,
     Piuttosto un Cherubino o Serafino,
     Onore e gloria di Montepulciano,
     Che mi dette d’Arnaldo e d’Alcuino9
     Notizia, e lume del mio Carlo Mano:
     Ch’io ero entrato in un oscuro bosco:
     Or la strada o ’l sentier del ver conosco.

170 E bisognava che Rinaldo vegna,
     Se non che Carlo non avea rimedio:
     Che se non fussi sua potenzia degna,
     Che molto tenne la battaglia a tedio,
     Marsilio ne venia colla sua insegna,
     E posto arebbe alla fine l’assedio
     Dove Carlo era, a San Gianni di Porto,
     E forse Gan non sarebbe al fin morto.

171 Era il Danese di Spagna tornato,
     E Berlinghieri, Astolfo e Sansonetto,
     E Carlo appiè di Porto hanno trovato,
     E molto di Marsilio avevon detto,
     Che Ganellone avea tanto onorato
     Che parea lor da pigliarne sospetto;
     E come e’ fece nel parco il convito:
     Ognun dicea quel ch’egli avea sentito.

172 Carlo pure all’usato si credea;
     Il perchè Astolfo e Berlinghier partissi,
     E Sansonetto; ch’ognun Gan vedea
     Sempre con Carlo che fa pissi pissi:
     E ’l traditor, che la birba sapea,
     Volle con lor Baldovino anche gissi,
     Per orpellare e coprir le sue colpe:
     Guarda se questo fu tratto di volpe!

173 E nel partir sopra l’armi la vesta
     Gli misse, che Marsilio avea mandata.
     Dicendo: Omai la tua divisa è questa,
     Tanto è degno colui che l’ha donata;
     E vo’ che tu la porti in guerra e in festa:
     Saluta Orlando e tutta la brigata,
     E dì che facci al re Marsilio onore,
     Chè così piace al nostro imperatore.